Turismo e lavoro: 250mila nuovi addetti entro il 2023

Sono 250mila i nuovi addetti di cui il settore turistico avrà bisogno entro il 2023, ma  resta il problema della scarsa formazione del personale. Il dato emerge da una indagine condotta dal Centro Studi Turistici per Ebntur, l’ente bilaterale del turismo, che sottolinea anche come ci sarà spazio per diverse figure professionali: da quelle meno qualificate a esperti di marketing, specializzati in Itc e social media manager.

Un volano per l'occupazione
Allo stato attuale il turismo dà impiego, direttamente e indirettamente, al 14,7% della forza lavoro italiano, ma l’incidenza salirà al 16,5% già nel 2028: un dato superiore a quello di Slovenia, Francia e Spagna, ma inferiore all’apporto occupazionale fornito dal turismo in Grecia - dove vale il 24,8% dell’occupazione - in Croazia (23,5%) e in Portogallo (20,4%).

Tutto bene, dune? Non proprio, dal momento che si sta facendo sempre più pressante una questione: lo scollamento, ora più evidente che mai, tra la preparazione fornita dai normali percorsi scolastici e quella realmente richiesta dal mercato del lavoro. “Una situazione - commenta Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti (nella foto) - che rischia di compromettere anche le potenzialità del turismo di crescere e contribuire alla ripartenza del Paese: in un mercato sempre più globalizzato, come è ormai quello del turismo, la qualificazione professionale degli addetti è un elemento chiave per competere con successo sul piano internazionale”.

Primi gli stabilimenti balneari
Nel ranking dei settori con maggiori richieste spiccano al primo posto gli stabilimenti balneari, tra cui il 38,9% segnala la volontà di prendere uno o più nuovi dipendenti. Un dato su cui influisce la normalizzazione del settore in seguito all’intervento sulla Bolkestein. Al secondo posto gli alberghi (30,3%), seguiti dalle altre strutture ricettive (28,6%) e dalla ristorazione (28,4%). Il reclutamento avviene soprattutto attraverso contatti diretti e passaparola.

La carenza di formazione emerge soprattutto per figure quali cuochi, addetti di sala, camerieri, addetti ai piani, ma anche account executive e specializzati in marketing: il 26,2% delle imprese lamenta l’inadeguata qualificazione delle risorse umane.

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