Ferragosto 2035 (avete letto bene, 2035) è alle porte e anche questo sarà un anno record, l’ennesimo: secondo le stime UNWTO, supereremo la soglia psicologica...
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter
Cos’hanno in comune l’overtourism, l’ignoranza e Mike Bongiorno? Più di quanto appaia e quindi provo a spiegarlo, abbiate la pazienza di leggermi fino in fondo. Cominciamo dal tema che ha segnato l’agosto 2025 - oltre agli ombrelloni vuoti - ovvero l’overtourism: ne ho già predetto la soluzione a lungo termine, ma preferisco riportare un esempio originale, ringraziando l’amico che me l’ha raccontato.
“Arrivo a Oporto, Portogallo, ai primi di agosto: Lonely Planet e Guide du Routard suggeriscono di visitare l’antica “Livraria Lello”, un capolavoro in legno con le scale a spirale risalente a metà ‘800: sembra che abbia ispirato la J.K. Rowling nella scrittura della saga di Harry Potter quando, negli anni ’90, insegnava inglese a Porto. Scopro che, purtroppo, dato che sembra diventata molto popolare, si paga per entrare (poi però ti scontano il ticket dagli acquisti di libri). Scopro anche che bisogna addirittura prenotare, quindi prendo il biglietto per le 17:30 del giorno dopo (primo slot disponibile - ma essendo cadenzati ogni 15 minuti - non ho dubbi che sia una formalità: in fondo non è un concerto degli Oasis). Ahimè, quando arrivo ci sono in strada code parzialmente ordinate, sotto un cocente sole pomeridiano (ma una mezza dozzina di steward distribuisce ombrelli brandizzati). Sono le 17.30 e non è ancora entrata la coda delle 17:15, una sessantina di persone: nazionalità varie, vedo molti i giapponesi, credo anche coreani. Quando entro (scaglionato) con il mio gruppo, un’altra sessantina, scopro che si tratta della moderna interpretazione di un girone dantesco: non si riesce, letteralmente, a camminare, quindi figuriamoci salire la famosa scala in legno che conduce alla balconata con scaffali del piano superiore. Siamo in una libreria, ma pochi s’interessano al suo contenuto, ovvero ai libri. Sono tutti impegnati in due sole attività: farsi un selfie oppure partecipare a una etero-foto (da fotografo o da soggetto) all’unico scopo di pubblicare - sul proprio profilo social - uno scatto nella “libreria di Harry Potter”. I libri, i pochi che ho intravisto prima di scappare, sono in gran parte sostituti da nuove edizioni “Lello” di capolavori di grande nome (Madame Bovary, Il Piccolo Principe) e dai diritti scaduti, probabilmente edizioni ridotte anche nel testo, ma sicuramente nel formato perché impauriscano meno il visitatore che si porta a casa per ricordo, a 15 € con lo sconto, un mini-libro, identico nella copertina a tutti gli altri, di cui leggerà la prima pagina. Altro articolo che ho notato ben in vendita è un notebook marcato “Livraria Lello”: cinquanta pagine a 19,90 €. Conclusione: da vedere, a Oporto, c’è solo la Livraria Lello?! Ovviamente no, Lonely Planet e Guide du Routard segnalano un sacco di cose, anche più interessanti. Ma se controlli sui social quali siano le foto più postate a Oporto, la “libreria di Harry Potter” è ai primissimi posti. Tutto si spiega”.
Passiamo all’ignoranza. Racconto di un altro caro amico, stavolta ambientato a Roma:
“Attendo il nuovo direttore commerciale della mia compagnia aerea, con base in un rampante Stato del sud-est asiatico: 31 anni, poliglotta, MBA internazionale. Abbiamo mezza giornata libera, prima di un business meeting, quindi gli propongo: “Bene, San Pietro o Colosseo? Sacro o profano?”. Lo vedo titubante, dice che al Colosseo c’è già stato, quando era bambino, coi genitori... “Beh, allora” ribatto fiducioso “Vada per la Roma del barocco, Piazza Navona e Fontana di Trevi!”. Ancora più titubante, dice che la fontana se la ricorda (“Quella dove si butta la monetina per tornare, giusto?”) e fa la battuta che - essendo appunto tornato a Roma - la monetina ha funzionato... Quindi prende in mano lo smartphone e digita “the best Michelin-starred restaurant in Rome”: scrolla, anzi, swipa per un po’, ne sceglie uno, prenota con relativa app. “Fatto!” dice tutto contento. Andiamo a pranzare in un posto mai visto né sentito prima (a Roma ci sono nato e ci vivo, non è strano?), tutto marmi neri e camerieri vestiti come a una sfilata di Moschino, il menu infarcito di “gourgette flower” e “lobster on liquorice extract”: 150 € a testa, vino escluso. Lui contento, io meno. La Roma barocca, quella papalina o addirittura umbertina? Non pervenute. Il business meeting l’abbiamo atteso nella lounge dell’hotel, bevendo qualcosa e smanettando: appena finito, il manager 31enne ha preso una limo e se n’è andato di corsa a Fiumicino. “Rome, the most beautiful and fascinating city in the world, I will return!” mi ha scritto su Whatsapp”.
Eccoci infine al grande Mike, o - meglio - al brevissimo eppure celeberrimo saggio che gli dedicò Umberto Eco, “Fenomenologia di Mike Bongiorno”: era il 1961, l’allora giovane semiologo collaborava con la RAI - che aveva avviato le trasmissioni solo sette anni prima - e Mike era reduce dall’incredibile successo di “Lascia o raddoppia?”. Il ritratto che Eco ne fa è impietoso e Mike ci rimase ovviamente male. Ne consiglio la lettura integrale e ne estraggo due passaggi:
“La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l'everyman. La TV presenta come ideale l'uomo assolutamente medio”.
“Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla“.
Ora, sostituite la TV del 1961 e le “vertiginose zone dello scibile” con Oporto o Roma, viste col cannocchiale di Instagram o TikTok. E sostituite Mike con la folla di Livraria Lello o col manager 31enne. Capito il parallelo?