Playboys latini

Esistono da sempre personaggi che condizionano un'epoca. E quando questi vengono a mancare crollano anche le ultime verità di comodo e tocca ammettere che un capitolo si è davvero chiuso.

Negli scorsi giorni si è spento Gigi Rizzi, l'ultimo, forse anche l'unico playboy italiano.

Negli anni del boom economico, in quel decennio radioso in cui l'Italia credeva davvero di poter essere quello che poi mai sarebbe stata, Rizzi era diventato l'emblema della Dolce Vita, il simbolo di chi "ce l'aveva fatta".

Da Genova alla Costa Azzurra per lui il passo era stato breve. Dall'anonimato a essere bersaglio dei paparazzi, facile come bere un bicchiere d'acqua. E conquistare la diva più ambita dei tempi, l'inarrivabile Brigitte Bardot, una cosa da niente.  

Il latin lover per eccellenza era il lato bello di quello che i newyorkesi definirebbero "to be italian", brillante, radioso, furbo quanto basta e capace di destreggiarsi in ogni situazione.

Al di là di ogni metro di giudizio, il playboy di Saint Tropez era un modello da seguire, qualcosa in cui credere, quello che le donne mangiavano con gli occhi sui rotocalchi e gli uomini, alle prese con le prime vacanze sulle spiagge della riviera cercavano di emulare, tirando indietro pance, abbozzando riporti o provando a indossare con impacciata scioltezza i foulard che Rizzi portava con disinvoltura.

Tutto quello che manca all'Italia di oggi, dall'industria turistica all'economia, dalla politica alle imprese.

Un simbolo, un'ambizione, un'idea.
E pensare che potesse bastare un playboy latino a muovere i sogni di un Paese lascia addosso un inevitabile senso di nostalgia.

Twitter @SGianuario

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