Trilogia bagni, parte terza. Veracruz

“Basta attraversare la piazza. Vede quella porta rossa accanto alla chiesa? È quello il ristorante,” mi disse sorridendo, il portiere dell’albergo. Mi trovavo nella vivacissima città messicana di Veracruz e, accompagnandomi fino al bordo della strada, il portiere mi ha salutato aggiungendo: “Il cuoco è bravissimo, è il nipote del nostro parroco”.  

Il ristorante era piccolo e molto accogliente con candele sui tavoli e quadri colorati di scene messicane alle pareti. Il cameriere ci porta il menu e ci consiglia la specialità della casa: Arroz a la tumbada, che ordiniamo insieme a due bottiglie di birra Dos Equis Clara ghiacciata.

Arrivano subito le birre e un assortimento di botanas, i tipici tapas messicani, piccoli assaggi di pesce, formaggio e salumi, e poi l’Arroz. Fumante e fragrante con riso, gamberi, polipi, granchi e vongole, cotto al forno in una casseruola di terracotta come vuole la migliore tradizione veracruzana.

Dopo cena, mi alzo per andare in bagno. Apro una porta e vengo avvolto da un forte odore d’incenso e dal luccichio di candele. “Porta sbagliata”, penso, “questo non è il bagno, sono entrata nella chiesa”. Invece era proprio il bagno delle signore, con quadri sacri alle pareti, un magnifico specchio ornamentale e un lavandino illuminato da candele, mentre l’incenso usciva da una splendida acquasantiera.

Mi sono sempre domandata se anche il bagno dei signori fosse in stile barocco messicano, e se ci fosse lo zampino dello zio parroco dietro quel bagno stravagante.

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