Dura vita dell’A380: ecco perché il coronavirus può segnarne la fine

Una grande scommessa che è finita per diventare una storia complicata, di cui l’emergenza coronavirus potrebbe scrivere l’epilogo definitivo. L’A380, il “gigante dei cieli” targato Airbus che avrebbe dovuto rispondere alle nuove esigenze del trasporto aereo, sin dal debutto sul mercato, non sembra aver avuto vita facile. Quella “grande capacità” (2 piani per 853 passeggeri) che prometteva di essere il suo punto di forza si è rivelata un tallone di Achille. Un punto debole che ha visto la fortuna del Dreamliner di Boeing, meno capiente, ma più efficiente e meno costoso; e che l’anno scorso ha portato Airbus ad annunciare lo stop delle produzioni per il 2021.

Ora l’evoluzione dell’emergenza convid-19, che ha portato i Paesi a chiudere le frontiere e le compagnie aeree a ridurre drasticamente l'operatività ha visto rimanere a terra per primi proprio gli A380, troppo costosi e grandi per un periodo in cui il traffico è ridotto al minimo e che per la maggior parte dei vettori si limita ai rimpatri.

Le mosse delle compagnie
La prima mossa, riporta simpleflying.com, l’ha fatta Lufthansa, che all’inizio di marzo ha deciso di mettere a terra l'intera flotta di 14 A380 almeno fino alla fine di maggio. Poi è arrivato il turno di Korean Air e ora anche Air France sembra intenzionata a salutare il gigante di casa Airbus.

Resta Emirates, che attualmente detiene la più grande flotta al mondo di A380, ma nel 2019 la compagnia, insieme all’americana Qantas, ha annullato i nuovi ordini accelerando lo stop alla produzione.

Se il coronavirus porrà o meno la parola 'fine' sulla storia dell'A380 dipenderà da quanto tempo questa pandemia avrà una stretta sull'economia globale e sulla quotidianità dei viaggiatori. E, al momento, la recessione in vista non dà segni contrari.

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