Il commento del direttore
Remo Vangelista
Sos turismo. Si potrebbe sintetizzare così lo stato attuale del settore che risulta oggi uno di quelli a maggior rischio fallimento. Alla fine del 2023, secondo uno studio di Crif Ratings, il tasso di default per le società di capitali di questo comparto è stato del 4,1%, dato di gran lunga più alto rispetto alla media italiana del 2,6%. Inoltre, nel confronto con la media nazionale relativa ai pagamenti commerciali, le aziende del turismo si caratterizzano per valori non certo ottimali con pochi pagatori puntuali e un maggior numero di pagatori con grave ritardo (17,4%).
Le previsioni per l'anno in corso, peraltro, non sono positive, in quanto si stima un incremento del tasso di rischio compreso tra l'1,2% e l'1,3%. Parallelamente, già nel primo trimestre dell'anno, vi è stata una leggera contrazione dei finanziamenti erogati alle società di capitali del settore con un -1,4% rispetto al primo trimestre 2023.
La ricerca di Crif spiega come “le prospettive tengano conto di un contesto di instabilità a livello globale, su cui continuano a pesare i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente, tassi di interesse ancora su livelli elevati sebbene in lieve diminuzione, nonché le incertezze in termini di traiettoria politica ed economica in Cina e le elezioni Usa”.
Eppure, una buona notizia c'è: negli ultimi anni, le imprese della travel industry hanno prodotto fatturati importanti e in crescita, grazie a un'impennata dei flussi di viaggiatori sia domestici sia internazionali.
“Nonostante tale fenomeno positivo - conclude Luca D'Amico, ceo di Crif Ratings - a livello di rischiosità creditizia, il settore si colloca su livelli superiori alla media, scontando un contesto di mercato fortemente competitivo e uno scenario macroeconomico incerto e complesso sia a livello nazionale sia globale”.