L'editoriale di Paolo Audino - Siamo alle solite

Nel costruire la sua squadra di Governo, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha rispolverato il Cencelli e affidato la Cultura al dalemiano Bray. Il turismo è ancora una delega secondaria e non merita un esperto, o quanto meno un politico che lo consideri qualcosa di più importante e strutturato di una Festa della Taranta e che ne riconosca il ruolo degno e moderno di generatore di prodotto interno lordo. Su Twitter qualcuno si è spinto fino ad un irriverente “Bray chi?” che mi sembra esagerato anche se la domanda, nella sua accezione meno sarcastica, noi grezzi e miseri esponenti del turismo ce la siamo posta in tanti.

Basta dare un’occhiata ai quotidiani di oggi per capire come Bray sia per tutti il ministro della Cultura. Alcune testate, come La Stampa per esempio, neppure citano la delega al Turismo. Sappiamo bene che i musei piacciono alla gente che piace, che gli albergatori sono dei rozzi, che le sovrintendenze stanno alle pro loco come Carmelo Bene sta ad Alvaro Vitali; sappiamo tutto, ma proprio per questo sappiamo che il turismo ancora una volta non conterà nulla e non troverà spazi all’interno di veri progetti di rilancio. E sappiamo che in un dicastero con il portafoglio, alla delega secondaria spetta sì e no un portamonete.

Come da tradizione nei prossimi giorni leggeremo gli auguri di tutte le associazioni al neo ministro, leggeremo lettere aperte, spedite, pubblicate o twittate, libri bianchi; si apriranno laboratori, officine del pensiero, think tank; leggeremo di nuove invasioni digitali culturalizzate o culturalizzabili, di turismo esperienziale, di percezioni, sogni e profumi. Tutte cose buone e giuste, solo non so quanto realmente nostro dovere e fonte di salvezza.

Il ministro dalla Panda rossa verrà assalito e tirato per la giacca da mezzo mondo. Anche io avrei tante cose da raccontare e da dire. Mi metto umilmente in coda sperando.

La prima speranza è che Massimo Bray si dimostri tanto umile quanto arguto e che sappia scegliere chi ascoltare e chi invece rimbalzare.

La seconda speranza è che tra i primi ad essere ascoltati ci sia qualcuno che spieghi al ministro che il turismo è una cosa terribilmente seria e complessa, che la cultura del turismo è merce ancor più rara del turismo della cultura, che aerei, alberghi, tour operator, agenzie di viaggi sulla strada o sul web, sistemi di promozione territoriale sono materie prime magari poco nobili, ma fondamentali per costruire tutto il resto.

La terza speranza è che il ministro non si perda dietro ai tweet o ad altre forme di pensiero intermediato da strumenti social. Niente in contrario, sia chiaro, ma ci sono emergenze più tangibili, abili professionisti che twittano poco e lavorano molto e sviluppano pensieri magari meno affascinanti e cool, ma infinitamente più efficaci nello spostare o razionalizzare i flussi turistici da e per il nostro paese.

Quarta speranza è che Massimo Bray vada ad ascoltare un vecchio brano di Giorgio Gaber. Si intitolava 'Barbera e Champagne'.

Ultima speranza è che per il neo ministro la cultura non sia lo champagne e il turismo la barbera.

Twitter @paoloaudino


(Nella foto: Paolo Audino)

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