Inside Maalot Hotel:il nuovo indirizzo di Shedir a Roma La fotogallery

Un ristorante accogliente, una stravagante collezione d’arte dove nulla è come ci si aspetta e il calore dello stile coloniale inglese. È un lusso accogliente e ironico quello dell’Hotel Maalot, il secondo indirizzo romano aperto lo scorso ottobre dal gruppo Shedir a pochi passi da via del Corso e Fontana di Trevi, in un elegante palazzo storico che per nove anni ha ospitato il famoso compositore Gaetano Donizetti.

Un’apertura arrivata dopo il lussuosissimo Vilòn, piccola struttura all’interno di Palazzo Borghese scelta tre anni fa da Harry e Meghan per il loro soggiorno nella Capitale, ma che anticipa di qualche mese gli altri due gioielli in fase di realizzazione sempre nel Rione Trevi: Palazzo Umiltà e Palazzo Roma.

Quattro boutique hotel nel cuore della Capitale che, come spiega il ceo della Shedir Collection, Claudio Ceccherelli, vogliono portare a Roma un “nuovo concetto di ospitalità. Quando mi è stata proposta la guida di questa piccola ma preziosa catena quello che mi ha subito affascinato è la filosofia alla base del progetto: creare quattro alberghi nel cuore di Roma accomunati dallo stile e dall’eleganza, ma disegnati da quattro architetti differenti proprio per offrire esperienze uniche, adatte non solo a viaggiatori diversi, ma a anche a momenti diversi”.

Ma cosa rende speciale il Maalot? Uno dei suoi punti di forza è di sicuro il Don Pasquale, il ristorante affidato allo chef romano Domenico Boschi che sforna delizie della tradizione da mattina fino a sera inoltrata e già diventato il punto di riferimento dei millennials capitolini e non solo. “Mentre il Vilòn offre una cucina raffinata, il Don Pasquale - prosegue Ceccherelli - non ha alcuna ambizione di alta gastronomia, vuole essere piuttosto un bistrot contemporaneo dall’atmosfera cozy, un indirizzo dove fare una colazione di lavoro informale o cenare con le amiche, ma sempre ritrovando il comfort di un servizio attento e allo stesso tempo empatico e spontaneo”.

Una volontà, questa, che ben si adatta allo stile irriverente delle tele firmate dall’artista argentino Stanley Gonczanski che tappezzano le pareti. Una vera e propria galleria d’arte che è una citazione ironica delle quadrerie settecentesche degli antichi palazzi nobiliari romani. Con una differenza: niente al Don Pasquale segue gli schemi della tradizione. Maria Antonietta è, ad esempio, ritratta con una meringa per cappello mentre mangia il gelato; i fiamminghi dagli austeri abiti cinquecenteschi sono degli uomini tatuati che assumono pose decisamente rock, così come i nobili che vengono dipinti in sella al cavallo di un Carosello o di pavone, in luogo del tradizionale destriero.

Ma all’Hotel Maalot le sorprese non finiscono qui. Il desk della reception, che gli ospiti non ritrovano all’entrata, ma solo dopo aver attraversato le sale del ristorante, è un’insolita scrivania all’interno della library del palazzo, un altro spazio informale dove ritrovare un’atmosfera chic ma allo stesso tempo casalinga. Lo stesso mood che si ritrova nelle 30 camere e suite che si sviluppano ai quattro piani superiori, tutte meticolosamente curate e differenti le une dalle altre. Che siano dominate dal rosso brillante, dall’azzurro intenso o dal giallo ocra, tutte le stanze regalano infatti all’ospite un’aria ricercata e allo stesso tempo familiare, da “home sweet home”, che si ritrova non solo nelle tappezzerie dallo stile british contemporaneo, ma anche nelle librerie d’ingresso con i ricercati volumi di arte e di moda da sfogliare e nei confortevoli spazi living da usare con nonchalance come appena rientrati a casa.

Infine una rarità per un palazzetto dell’Ottocento: la palestra di 100 metri quadri al piano sotterraneo. Anche questa, però, impreziosita da un’elegante carta da parati a rilievo.

Amina D'Addario

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