Per tutto l'oro del mondo

Era poco prima del tramonto e scendevamo lentamente i tornanti verso la vallata dopo un viaggio da brivido per le pessime condizioni dell'asfalto - quando c'era – per le curve interminabili, e per le salite e discese a strapiombo che avevamo  incontrato lungo le strade d'alta montagna.

Il cielo aveva quella sfumatura incantevole che pittori e fotografi chiamano l'ora blu, e faceva scintillare come diamanti la  schiera di piccoli aerei che decollavano da una pista che tagliava il centro abitato in fondo alla valle.

Eravamo arrivati a Cajamarca, la città nell'altopiano peruviano che custodisce la memoria storica di Atahualpa, l'ultimo sovrano del popolo Inca prima dell'arrivo degli Spagnoli. Gli aerei, ci spiegò la nostra guida, erano della compagnia straniera proprietaria della miniera di Yanacocha, una delle miniere d'oro più ricche al mondo. E a tutte le ore questi piccoli aeromobili portavano via da Cajamarca quantità inestimabili del prezioso metallo.

Cajamarca. Una città il cui destino è storicamente  legato all'oro.

Da quel giorno nel 1532 quando Atahualpa perse la Battaglia di  Cajamarca contro lo spagnolo Francisco Pizzarro, emissario dei sovrani spagnoli e fondatore della città di Lima. Rinchiuso in una cella, il fiero Inca ricevette l'ultimatum di Pizzarro. “Riempi questa stanza con oro e argento fino a qui dove arriva la mia mano, e sarai un uomo libero”.

I seguaci del capo Inca non persero tempo e riempirono la cella - il tragico Cuarto del Rescate -  con una quantità inverosimile di ori e  argenti luccicanti che Pizzarro fece portare via.

Ma non prima di aver fatto giustiziare Atahualpa,  accusandolo di bigamia. Un reato - sentenziò il Conquistador  - contro Dio e contro i cattolicissimi  sovrani spagnoli Ferdinando e Isabella d'Aragona, nelle cui mani finì il tesoro di Atahualpa.

L'oro di Cajamarca, una storia tragica, una storia infinita.

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