L'ora del bufalo

Lasciando alle spalle la citta di Siem Reap, quella dei magnifici templi di Angkor Wat, il piccolo tuktuk procedeva a passo d'uomo, sobbalzando sulle profonde buche nella strada polverosa. Il sole tramontava, a destra e a sinistra si estendevano risaie verde pisello, cani randagi segnalavano rumorosamente il nostro passaggio e i conducenti dei motorini che provenivano dalla direzione opposta ci salutavano allegramente a suon di clacson.

Immersa nel verde la bellissima vecchia casa di legno. In cima a una ripida scala una veranda con grandi divani, alle pareti smisurati ritratti contemporanei dalle forte tinte - opere del padrone di casa, un'artista di fama mondiale - e su ogni superficie la sua raffinata collezione di pezzi d'antiquariato provenienti da tutto il Sud-est asiatico.

Nel grande parco, dietro la rigogliosa vegetazione tropicale si stagliava la sagoma di un tempio angkoriano, uno delle migliaia di rovine millenarie cosparse sul territorio, mentre nel fangoso canale che s'insinuava tra le risaie, un poderoso bufalo d'acqua sguazzava pigramente.

Momenti sospesi nel tempo,  ammaliati dalla calorosa accoglienza del padrone di casa, dalla natura strepitosa della Cambogia, dai miti delle grandi dinastie Khmer, e da Angkor Wat, il più vasto edificio ecclesiastico di tutti i tempi, e tuttora una delle meraviglie del mondo.

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