Senza fiato a Taipei

Prima di partire per una destinazione nuova non ho l'abitudine di documentarmi.

Non per pigrizia, ma perché preferisco affrontare un luogo nuovo come un pittore affronta una tela bianca, senza aver assorbito i giudizi e le considerazioni altrui, lasciandomi trascinare a ruota libera da quello che vado scoprendo. Così è stato per Taipei, la capitale di Taiwan.

Come tutti, conoscevo la storia più recente dell'isola che i portoghesi avevano chiamato l'Ilha Formosa, e mi sono bastati pochi giorni per ambientarmi nella capitale e fare delle belle e inattese scoperte.
La prima è stata che, a differenza di altre capitali asiatiche, Taipei è una miniatura con poco più di due milioni e mezzo di abitanti. Infatti non ha quella fitta giungla di grattacieli che caratterizza metropoli come Shanghai o Tokyo.

Taipei, di grattacieli nel vero senso della parola, ne ha solo uno, la Torre 101, attualmente il terzo edificio più alto al mondo. Per il resto è una città con una configurazione urbanistica in stile decumano romano con strade larghe, edifici a misura d'uomo e un ritmo di vita che non spaventa.

Poi ho scoperto un'altra particolarità che differenzia Taipei dalle altre grandi città asiatiche. L'estrema gentilezza e il calore della gente. Non che altri popoli asiatici non siano cordiali, ma i taiwanesi sono oltremodo aperti e amichevoli.

Non solo chi accoglie e accompagna i turisti, ma anche la gente per strada, sempre pronti con un sorriso e, all'occorrenza, un aiuto. Come quando ho preso un autobus per andare al mercato notturno di Shilin e ho scoperto che servivano delle monete per comprare il biglietto dal distributore automatico, e alcuni passeggeri, visto il mio imbarazzo, hanno insistito per darmi i soldi spicci che servivano e anche spiegazioni su dove scendere e cosa comprare al mercato. Con tanto garbo e tanti sorrisi.

E ho scoperto il Museo Nazionale del Palazzo, un depositario dell'arte raccolta nei secoli dagli imperatori cinesi. In tutto oltre 650mila antichi manufatti e opere d'arte portati dai nazionalisti 65 anni fa, e che ora vengono esposti a rotazione nelle sale.

E ho avuto la fortuna di poter ammirare un portavivande a tre piani realizzato per l'imperatore da una famiglia di artigiani. Tre generazioni - passando da padre in figlio e ancora in figlio ­ di maestri incisori hanno lavorato 60 anni per trasformare una grande zanna d'avorio in un delicatissimo merletto con scene e simboli cari agli imperatori.
Un capolavoro di una bellezza tale da togliere il fiato.

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