Colón l'italiano

Bello non è. Da lontano assomiglia a uno di quei mostruosi palazzoni residenziali che costellano le littorali di tante località balneari.

E avvicinandosi cresce la perplessità, con la sua facciata che sembra un incrocio tra una rampa di lancio per veicoli spaziali e una cattedrale modernista mal riuscita. È il Faro Colombo, il mausoleo che raccoglie la tomba di Cristoforo Colombo, quel Cristóbal Colón che scoprì il Nuovo Mondo, le cui presunte spoglie riposano qui.

Sorge sull'Ozama, il fiume di Santo Domingo de Guzmán, capitale della Repubblica Dominicana, l'isola di Hispaniola dove, nel 1492, il navigatore genovese mise piede per prima nelle Americhe dopo la sua storica attraversata dell'Atlantico.

Salendo l'ampia rampa di scale che porta all'ingresso, si arriva al leggio in pietra dove, nel 1992, Giovanni Paolo II parlò a una folla sterminata e poco lontano, sotto una tettoia, si scorge la piccola Papamobile. Ma è dentro, davanti alla tomba in marmo candido, che inaspettatamente il cuore cambia ritmo: il battito accelera e l'emozione prende il sopravvento, pur sapendo che Colombo potrebbe non risposare qui.

Poco importa. La tomba è imponente, importante e bella, come lo fu la conquista di Colombo. Tornando verso la macchina un venditore di souvenir ci offre un modellino in arenaria del mausoleo, e scopriamo che ha una pianta a croce, come sono a croce tutte le finestre.

Ci eravamo domandate cosa ci fosse dietro le centinaia di finestre, e lo chiediamo al venditore che ci dice che non c'è niente. Poi gli chiediamo se Colombo era spagnolo o italiano e lui ridendo risponde. "Italiano claro, fue italiano Colón".

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