Se il turismo fa bene ai gatti e non ai pesci

Quando uno spot di mangime per gatti ci dice che, anziché giovare ai felini, il prodotto pubblicizzato fa bene ai coralli, è evidente che prima o poi qualche domanda sulla direzione che sta prendendo l’advertising ce la si debba porre. E probabilmente sarebbe meglio farlo più prima che poi.

Pur essendo evidentemente diretto agli umani preoccupati per il benessere dei propri gatti, lo spot in questione non si mostra infatti minimamente intenzionato a magnificare le positive ricadute del prodotto sui quadrupedi bensì a sottolineare quanto il suo consumo possa far bene al mare e, conseguentemente, all’intero pianeta di cui i felini domestici sono parte. Sotto i riflettori non c’è dunque il prodotto, ma l’assunzione di un impegno. Civico.

Nella comunicazione si evidenzia infatti come, “in linea con il programma ONU per lo sviluppo sostenibile”, l’azienda produttrice abbia avviato un progetto che entro il 2029 si propone di ripristinare 185.000 mq di barriera corallina in tutto il mondo. Tutto questo anche grazie alla visualizzazione online della pubblicità che anticipa il video del progetto, la quale attiva immediatamente una donazione a favore di The Nature Conservancy e grazie all’utilizzo, per la preparazione del mangime, di pesce proveniente da fonti sostenibili che favoriscono la salvaguardia degli oceani.

Dunque, a chi sul finire dello scorso millennio (era il 1999) sorrideva con una certa sufficienza dalle platee ascoltando la tesi numero 80 del Cluetrain Manifesto possiamo dare la notizia che la vituperata profezia si è avverata. “Niente paura – diceva - potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente”.

Sempre di più, attivarsi per la salvaguardia del pianeta – mari e acque in primis - non sarà infatti solo un dovere etico per noi umani e per le nostre imprese, ma potrà essere anche una carta vincente da giocarsi con i competitor. Cosa che la Francia turistica – sempre all’avanguardia in fatto di sensibilità comunicativa – ha prontamente fatto, dedicando proprio a questo elemento la copertina e i contenuti del suo Magazine annuale. Ristorazione sostenibile sotto il profilo dell’utilizzo dell’acqua, musei sottomarini, isole e città ‘blu’, progetti di recupero e trasformazione della plastica intrappolata nelle reti da pesca sono solo alcuni fra i tantissimi temi di cui si parla agli italiani intenzionati a visitare l’Esagono nel corso dell’anno. “Senza dimenticare – come anticipa Frédéric Meyer, direttore Atout France Italia – che l’acqua sarà protagonista della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi del 2024”.

Coerentemente, la cover story non è stata affidata a qualche brillante imprenditore del turismo nazionale, bensì a Laurent Ballesta, rinomato fotografo subacqueo nonché biologo marino il quale, alla domanda su “come possiamo noi tutti agire per salvare i mari del mondo?”, ha fornito informazioni utili anche agli operatori del settore. “Dobbiamo regolamentare di più le attività del tempo libero, ad esempio vietando attrezzature troppo rumorose che non hanno alcuna funzione utile. Il mare – ha aggiunto – non deve più essere considerato come un parco di divertimenti, ma come un santuario naturale da rispettare”. Da esperto ed osservatore della vita naturale sul pianeta – di cui ravvisa il costante pericolo di sopravvivenza – dice quindi “no alle attività di intrattenimento che trasformano la natura in un campo sportivo o in una pista di velocità”, mentre suggerisce alle imprese del turismo di incoraggiare le “attività contemplative” e un nuovo approccio al mondo naturale da parte di chi viaggia.

In perfetta linea con quanto stabilito dalla Legge Salvamare recentemente diventata in Italia legge dello Stato, il biologo chiede in particolare di prestare molta attenzione alle azioni quotidiane e ai modelli di consumo, anche durante la vacanza. “Attenzione – dice - ai rifiuti di plastica e ai residui dei tessuti sintetici, che sono invisibili e non potendo essere rimossi dall’ambiente marino con nessun metodo, entrano nella catena alimentare contribuendo alla riduzione del numero di pesci, della loro taglia media e della loro fecondità”.

Non c’è dubbio che la tematica sia cogente e che l’orientamento alla cultura ambientale acquatica di una destinazione turistica come la Francia, storicamente all’avanguardia e in vetta alle classifiche mondiali, dovrebbe aprire e moltiplicare ovunque nel comparto spazi di discussione in merito ai nuovi possibili modi di fare impresa. Modelli che ovviamente puntino a fare cassa ma non solo, proprio come raccomandavano gli estensori del Cluetrain Manifesto. E imponendo piuttosto una riflessione su quali siano davvero le priorità e le urgenze del momento: se orientare il cliente a un acritico e individualistico consumo di gustose crocchette o dargli – e darci - la possibilità di trasformare questo suo privilegio in un’opportunità di collettiva sopravvivenza.

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