Nuovo cinema condiviso

Cosa può fare il cinema per il turismo? La risposta potrebbe limitarsi ai pochi ma significativi numeri diffusi da Federalberghi Torino congiuntamente alla locale Film Commission: con oltre 30 produzioni e 100 settimane di riprese realizzate da inizio anno ad oggi, gli hotel del capoluogo piemontese incasseranno per i pernottamenti legati all’ospitalità delle troupe ben tre milioni di euro. Di questi, oltre un milione sono attribuibili alle sole riprese di Fast X, decimo episodio della serie Fast&Furious che la scorsa primavera ha portato Vin Diesel e il suo nutrito seguito in città.
Cifre provvidenziali in questo momento che, causa la congiuntura economica, il presidente Federalberghi Torino Fabio Borio, non esita a definire “critico per il comparto turistico-ricettivo”.

E poiché la presenza di Enit in occasione dei grandi appuntamenti italiani legati al cinema non fa che confermare quanto il grande schermo possa fare sul fronte della “promozione della bellezza italiana”, ulteriori considerazioni andrebbero probabilmente fatte sulle opportunità offerte ai territori da questo potentissimo strumento. In primis su come sfruttare – anche a costo zero o quasi – l’onda emotiva generata dalle sue storie.

Mi riferisco ad esempio al film L’Ombra di Caravaggio, in questi giorni nelle sale con Riccardo Scamarcio nei panni del grande artista. È lecito aspettarsi che il lavoro firmato da Michele Placido richiamerà – semmai ce ne fosse bisogno – ulteriore curiosità e attenzione sulla vita e sulle opere di Michelangelo Merisi, la cui notorietà è praticamente universale, mentre non è altrettanto noto che le sue spoglie si trovino a Porto Ercole, nel defilatissimo cimitero di San Sebastiano, praticamente ignoto ai moltissimi turisti che ogni estate popolano quel tratto di costa toscana.

Ci sono stata in un’assolata giornata di agosto, unica visitatrice parcheggiata accanto ad un silente deposito di barche. Sul muro del cimitero una più che ordinaria freccia a indicare che lì dentro, da qualche parte, avrei trovato l’Arca Funeraria Caravaggio, senza neppure un ‘di’ a umanizzarne l’appartenenza.

Detto questo, devo ammettere in tutta sincerità che – una volta individuata l’Arca incorniciata dalla riproduzione della celeberrima Canestra di Frutta - l’esperienza di trovarmi a un passo dal grande genio della pittura in una situazione di totale raccoglimento e intimità è anche stata piacevole, profondamente intensa. E tuttavia – immagino mossa da deformazione professionale - mi sono anche immediatamente domandata se non sarebbe corretto allargare ad altri lo stesso privilegio. Magari sfruttando l’uscita del film, all’epoca al montaggio.

Tutto ciò – si badi – non per farne ad ogni costo una fonte di reddito ma almeno per appiccicare alla vacanza spesa in quei balneari e golfistici paraggi un plus di quell’esperienzialità perennemente evocata (e invocata) negli svariati consessi di settore. Un’operazione che in questo caso verrebbe via quasi gratis. Sposando peraltro appieno la tesi Enit secondo la quale i luoghi legati al cinema sarebbero “portatori di esperienze memorabili che invogliano alla scoperta dei territori”. E ricordando come, assai più spesso di quanto s’immagini, dietro il superbo artificio narrativo cinematografico ci siano frammenti d’Italia capaci di restituire non meno sublimi emozioni.

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