Perché Intesa Sanpaolo, Investindustrial, Tamburi e Coop fanno bene al sistema turistico italiano

La prima è stata Intesa Sanpaolo, che a febbraio 2016 lanciava Destination Italia, joint-venture con lastminute.com di Fabio Cannavale e con l’a.d. Marco Ficarra.

Poche settimane dopo, Investindustrial di Andrea Bonomi rilevava Valtur dalla deficitaria gestione di Franjo Ljuljdjuraj. Recente è l’ingresso della TIP di Giovanni Tamburi nell’azionariato di Alpitour. Praticamente l’altro ieri Coop Alleanza 3.0, la più grande cooperativa di consumo in Italia, ha battezzato la “nuova” Robintur.

Destination Italia a parte, delle tre operazioni si sanno le cifre: oltre 100 milioni di euro l’investimento complessivo di Investindustrial, secondo il presidente Valtur Carlo Gagliardi; 120 milioni la sottoscrizione di capitale Alpitour garantita da Tamburi; 6 milioni stanziati da Coop Alleanza 3.0 per il piano industriale di Robintur. Soldi veri, magari diluiti nel tempo e in parte disponibili solo al verificarsi di certe condizioni, ma comunque denaro fresco. Messo da investitori che hanno dimostrato di credere all’incoming (Destination Italia), alla villaggistica e all’immobiliare (Valtur), al tour operating (Alpitour) e alle agenzie di viaggi (Robintur). Non è da tutti, e non era mai successo prima.

Ecco tre motivi per essere contenti che queste operazioni si siano realizzate. E sperare che abbiano successo.

Primo, la filiera tradizionale (destinazione / hotel / tour operator / agenzie di viaggi) non è così moribonda come si credeva. Disintermediata e succube di accadimenti esterni (vedi Egitto), ma resiliente e in grado di rinnovarsi, perché il turismo continua a crescere, nonostante tutto. Ci sono sempre più stranieri in Italia, ma anche più italiani che considerano il viaggio qualcosa cui non rinunciare, crisi o non crisi. S’investe sui mercati in crescita, non su quelli in declino.

Secondo, quando un investitore mette i soldi in un nuovo business, bisogna che certi parametri finanziari siano rispettati: di solito si applica un moltiplicatore dell’Ebitda, ovvero – detto in parole povere – si considera l’utile che risulta a bilancio di una società, lo si moltiplica “n” volte e si ottiene il valore complessivo. Per “pesare” un t.o. o una catena alberghiera i moltiplicatori sono abbastanza semplici da stabilire. Questo agli investitori piace. Valutare una Ota, ad esempio, è molto più complicato (e rischioso).

Terzo, il turismo ha sempre appeal, molto più di comparti industriali tradizionali. Quanto sono stati inseguiti Gabriele Burgio e Carlo Gagliardi, dai media di settore e non, in questi ultimi mesi? Fossero stati i presidenti di un colosso della logistica o di un’impresa di trasporti, chi se ne sarebbe accorto? Il turismo è smart, piace alla stampa ed è in grado di creare personal branding. In tempi social, non è cosa da sottovalutare.

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