Il commento del direttore
Remo Vangelista
In questi giorni d'estate potrebbe essere sfuggito a molti che Andrea Bonomi è tornato di nuovo agli onori della cronaca.
L'investitore, che porta il cognome di una nota famiglia milanese, ha infatti comunicato che nei prossimi mesi la sua Investindustrial (fondata nel 1990) continuerà la ricerca di realtà di eccellenza, puntando anche su imprese di taglio famigliare che vogliono crescere sbarcando su nuovi mercati.
“Ogni imprenditore ha obiettivi che noi aiutiamo a raggiungere fornendo non solo capitali, ma anche la nostra conoscenza. Una carta molto utile in tempi difficili come adesso”, ha rimarcato Bonomi nelle scorse settimane.
L'imprenditore ha poi spiegato che il veicolo Investindustrial è sempre alla ricerca di aziende che hanno “una storia e funzionano bene”. Resta da capire cosa può non aver funzionato nella sua più nota avventura nel turismo che risponde al nome di Valtur. Partita con grandi attese ha incontrato subito difficoltà sul lato della commercializzazione, malgrado Bonomi fosse convinto di poter conquistare il segmento villaggi.
Forse bisogna rileggere con attenzione le parole dell’imprenditore di qualche stagione quando ammise di aver sbagliato: “Ci sono sempre piaciute le scommesse difficili. Pensavamo di farcela anche con Valtur, ma, per la prima volta dopo 52 investimenti, non ci siamo riusciti”.
Perché allora (forse anche oggi) il turismo non era un'industria vera e propria come la pensavano gli esperti di equity. Parliamo ancora oggi di qualcosa di diverso, soggetto a molte variabili, che deve essere gestito tra mille difficoltà. Ma non è detto che tra i dossier sul tavolo Investindustrial non torni presto qualcuno con il marchio leisure, magari di fascia alta.