Il turismo resiste,
ma i prezzi
frenano i consumi

Una domanda ancora vivace, ma molto più selettiva nelle scelte di spesa. Questo il quadro che emerge dall’analisi della stagione curata da Roberta Garibaldi, presidente di Aite-Associazione italiana turismo enogastronomico. La voglia di viaggiare alla ricerca di cibo, vino e altre specialità gastronomiche è, quindi, sempre molto forte tra i turisti italiani, ma l’aumento dei prezzi è diventato un fattore disincentivante e sta già pesando sui budget destinati ai ponti di stagione e alle esperienze messe in agenda per il mese di dicembre.

Per quanto riguarda i ristoranti, sommando a quelli di qualità standard e premium (13%) anche gli stellati o i locali specializzati nel fine dining (8%), emerge che il 21% dei turisti, in caso di necessità, sacrificherà questo tipo di esperienza. E il 15% inizierà alleggerendo il conto dei vini.

Il 45% degli intervistati farà uscite di due o tre giorni e il 33% dai quattro ai sette giorni. Solo il 6% ha invece deciso di dedicare solo un giorno e senza pernottamento e il 6% non ha intenzione di muoversi neppure un giorno: questo implica che l’88% degli intervistati trascorrerà una o più notti in strutture alberghiere o b&b privati.

L’effetto-rincari spaventa tuttavia gli italiani: il 62% considera l’aumento dei costi di viaggio come una limitazione e il 56% si trova a disporre di un minor potere di spesa per via dell’inflazione.

Le città d’arte sono la destinazione più gettonata nel periodo autunnale; la domanda culturale resta trainante, ma la ricerca di destinazioni a bassa densità turistica è particolarmente forte tra profili alto-culturali, offrendo un’utile indicazione per strategie di deconcentrazione dei flussi.

“Bisogna mantenere acccessibilità e trasparenza”

“Per gli operatori dell’enogastronomia - spiega Garibaldi - sarà fondamentale mantenere accessibilità e trasparenza sui prezzi, valorizzando al contempo la qualità e l’identità territoriale. Solo così si potrà rispondere a una domanda che rimane forte, pur dovendo fare i conti con budget più contenuti. La ricerca conferma una domanda enogastronomica matura, culturalmente orientata alla qualità dell’esperienza”.

Emergono tre direttrici principali; la polarizzazione economica, la ricerca di autenticità a bassa densità e l’evoluzione dell’esperienza enogastronomica: “I giovani e chi dispone di redditi più alti aumentano il budget, mentre famiglie e fasce medie lo riducono -– spiega Garibaldi -. Borghi, campagne e piccoli territori diventano più attrattivi per i viaggiatori con interessi culturali più evoluti e, infine, il cibo non è più solo consumo, ma una pratica immersiva che attraversa paesaggi, cultura e narrazioni”.

L‘Italia resta la meta di riferimento, con il 59% del campione che ha deciso di muoversi solo all’interno dei confini nazionali e con il 22% che farà o ha fatto sia Italia sia estero. La quota di coloro che hanno scelto di andare oltre confine è pari al 19%.

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