WTM di Londra, ovvero il mondo (non solo del turismo) in vetrina mondiale

Andare all’estero e visitare una fiera di settore fa sempre bene, per tre motivi: per uscire dall’asfittico panorama domestico (oggi segnato dalle polemiche generate dal nuovo contratto Alpitour) ; per capire dove va il mondo (non solo del turismo); perché le manifestazioni alle quali valga la pena andare sono poche: WTM a Londra, ITB a Berlino, Fitur a Madrid, TTG Travel Experience a Rimini, IPW negli USA e qualcuna in Cina.

A spasso per gli accoglienti padiglioni di ExCel, nei sobborghi di Londra, s’imparano essenzialmente tre cose.

1- Comanda la destinazione, il resto fa da contorno - Ovviamente il mondo è presente in toto, dalla Nuova Zelanda all’Alaska, ogni padiglione è un continente. Pensavo di trovare TUI, non c’era. Pensavo di trovare British Airways, Lufthansa o KLM, non c’erano (Turkish Airlines e le compagnie arabe invece sì). Pensavo di trovare gli enti del turismo francese, olandese o tedesco, non c’erano (l’ENIT invece sì). Ne consegue che al WTM si va a cercare prodotto, direttamente da chi lo genera e senza intermediari.

2 - Il digitale cresce, il mobile domina, l’analogico arranca - Nulla di nuovo, i cataloghi spariscono (altro che i trolley carichi di una volta…) e l’online cresce ancora e ancora. La novità dell’anno è il sorpasso del mobile non solo rispetto alle vendite offline, ma anche rispetto a quelle on line: se le vendite tradizionali rappresentano ancora oltre il 50% del venduto globale, nei prossimi 5 anni il tasso annuo (annuo!) di crescita delle transazioni su device mobili (smartphone e tablet) sarà del 12% (lo dice Euromonitor). Chi investiva in siti convenga si converta alle app.

3 - La Cina è vicina (e l’Europa e gli USA si allontanano) - Brexit, recessione tedesca e protezionismo trumpiano minano le basi dell’outgoing dal Vecchio e dal Nuovo Continente. In compenso, l’Asia continua a crescere senza sosta ed entro il 2024 sono attesi 500 milioni di arrivi. È come se due terzi della popolazione europea si spostasse in Africa o in America. Sono numeri folli, dei quali – soprattutto in Italia – non abbiamo alcuna percezione. Chi da noi si occupa di incoming e ha fatto affari con americani o tedeschi, si riconverta all’Oriente. Anche perché il prodotto che un cinese o un malese si aspetta di trovare da noi non è quello che abbiamo finora messo sul mercato. Qualcuno lo sa?

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