Coronavirus e viaggi d’istruzione, le regole per i rimborsi

L'art. 1, secondo comma, lett. f), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6  nel prevedere la possibilità di sospendere i viaggi d'istruzione organizzati dalle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d'istruzione sia sul territorio nazionale sia all'estero, ha stabilito l'obbligo di rimborso integrale a favore dei viaggiatori da parte degli organizzatori turistici prescrivendo che le conseguenze giuridiche del coronavirus siano equivalenti a quelle delle circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate circostanze, mediante applicazione espressa della previsione dell'articolo 41, 4 comma, del Codice del Turismo.

Tale facoltà di sospensione pare sarà adottata dal MIUR come dal comunicato del 23.02.2020 a questo link.

Due sono gli scenari che si aprono nei confronti dei fornitori per il recupero delle somme (in particolare, vettori e hotel), essendo incontestabile il diritto al rimborso a favore dei viaggiatori.

In relazione a fornitori italiani o fornitori esteri con contratti la cui legge applicabile sia quella italiana, soccorre il comma 6 dell'articolo 41 che stabilisce espressamente all'ultimo capoverso: "Nei casi di cui ai commi 4 e 5, si determina la risoluzione dei contratti funzionalmente collegati stipulati con terzi." Ne deriva che i contratti con i fornitori dovranno essere considerati risolti e pertanto i fornitori saranno obbligati a rifondere gli organizzatori turistici i quali, ricevuti i pagamenti dai primi, rimborseranno i viaggiatori.

Più complesso è il secondo scenario nel quale il fornitore sia straniero e la legge applicabile di interpretazione ed esecuzione del contratto sia non italiana, dovendo, da un lato verificarsi l'esistenza nell'ordinamento del fornitore di una norma che tuteli, allo stesso livello italiano, l'organizzatore turistico (non tutti gli Stati dell'UE hanno inserito tale clausola di risoluzione automatica dei contratti dei fornitori, nell'adottare la nuova direttiva sui viaggi a pacchetto) o dall'altro, accertarsi che nel contratto con il proprio fornitore, sia inserita una clausola espressa di forza maggiore, avente l'effetto di risolvere il contratto e determinare l'obbligo del rimborso di quanto pagato in nome e per conto dei viaggiatori.

In assenza di tali presupposti ed in caso di negatoria da parte del fornitore a corrispondere indietro le somme, sulla base delle prevedibili dichiarazioni di quest'ultimo di essere comunque operativo e pronto ad effettuare la prestazione promessa (il trasporto o la fornitura della struttura ricettiva, ad esempio) senza quindi riconoscere efficacia nella propria sfera contrattuale alla sospensione governativa, dovranno seguirsi i principi della legge applicabile al contratto ed internazionali competenti per far accertare la sussistenza della causa di forza maggiore e per l'effetto la risoluzione del contratto con obbligo di rimborso, che potranno essere vagliati solo caso per caso in base alla natura dell'accordo in essere fra le parti.

In alternativa, in caso di persistenza del fornitore a rimborsare, l'organizzatore turistico potrebbe essere costretto a denegare di rifondere i viaggiatori, i quali aprirebbero un contenzioso in Italia, radicando in qualche modo la competenza in Italia e così potendo favorire l'applicazione della norma interna più favorevole su descritta. Un cammino arduo e con conseguenze gravi nel rapporto con la propria clientela scolastica.

Infine, la sospensione dei viaggi d'istruzione è immediata e senza termine finale, tuttavia appare coerente con il principio della leale collaborazione fra l'organizzatore turistico e i viaggiatori che hanno comune interesse a conservare il contratto, interpretare tale sospensione come efficace nell'immediata vicinanza della data di partenza e non per i viaggi d'istruzione da effettuarsi nei prossimi mesi, in attesa delle specifiche ordinanze ministeriali e dell'evoluzione della situazione sanitaria.

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