Chi compra il marchio Valtur fa un affare, anche se non lo sa (o non lo dice)

Il marchio Valtur è all’asta: dal 15 giugno sul sito dell'azienda campeggia il corposo avviso in legalese, c’è tempo fino al 2 luglio 2018, la base d’asta è “pari o superiore a un milione e mezzo di euro”. Chi se lo aggiudica fa un affare, ora vi spiego perché.

1) Valtur sopravvivrà anche a questa crisi: non lasciatevi ingannare dalle recenti vicende che hanno determinano la fine “industriale” di Valtur e il mea culpa - tardivo - di chi l’ha causata, ovvero Andrea Bonomi e Investindustrial. Valtur c’è già passata, sia col commissariamento ai tempi della famiglia Patti sia con la gestione di Franjo. Un’impresa fondata nel 1964, che ha rappresentato per decenni il villaggio italiano, che ha visto avvicendarsi svariate proprietà è come Alitalia: più la tiri giù, più si ritira su.

2) Il marchio Valtur vale più di quanto costa: un milione e mezzo di euro, o due, non sono granché, quando il leader di settore fattura quasi due miliardi e il follower immediato un paio di centinaia di milioni. Quanto costa creare un marchio dal nulla? Molto. Quanti anni ci vogliono perché quel marchio s’imponga sul mercato? Tanti. Per le agenzie di viaggi italiane e per milioni di consumatori Valtur è ancora sinonimo di villaggio e quando l’agente dice al cliente “Stia tranquillo, La mando in un villaggio Valtur!” suona meglio che “Si fidi, La mando nel villaggio Sogni del Mondo, garantisco io!”. Pensate che l’agenzia di Matera o il cliente di Frattamaggiore leggano Il Sole 24 Ore e abbiamo mai sentito nominare Bonomi o Investindustrial?! Illusi.

3) Valtur non è Ventaglio: sento dire in giro che “Valtur è come Ventaglio, inutile ritirare su un marchio già morto”, assimilando le vicende di Valtur a quelle del fallimentare tentativo, lo scorso anno, di rilanciare il glorioso brand della famiglia Colombo senza... la famiglia Colombo. C’è una sola differenza, e fondamentale: i marchi Viaggi del Ventaglio, VentaClub e Columbus erano usciti da anni - e male - dal mercato e dagli scaffali delle agenzie. Valtur no.

4) Valtur è più “evocativo” di altri marchi: adesso farò dei nomi di marchi appartenenti ad aziende ben gestite, che sanno fare il mestiere di villaggista, che hanno i conti in ordine e bei piani di sviluppo. Per quale di questi quattro marchi pensate che vostro cugino di Velletri, insegnante con moglie casalinga e due figli piccoli, si entusiasmi di più, per la vacanza di famiglia? Bluserena, TH Resorts, Valtur e VoiHotels. Pensateci un attimo, però dovete ragionare da cugino di Velletri.

Per tutto quanto sopra, mi stupisco che a mettere sul piatto il misero milione e mezzo siano soltanto la solita pigliatutto Alpitour, un “gruppo con interessi tra Croazia e Russia” e forse un villaggista del centro-sud. Tutto qui?! Allora solo questi tre hanno capito che Valtur è un affare, e non lo dicono.

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