Vettori e supply chain:
i ritardi gonfiano i costi

Se c’è un settore dell’industria dei viaggi che non è mai riuscito a cavalcare pienamente il rimbalzo della domanda dopo il Covid questo è il trasporto aereo. La ripresa della filiera è stata più lenta rispetto ad altri comparti, complici i ricavi azzerati dalla paralisi pandemica, i conflitti che hanno ristretto lo spazio aereo e i rallentamenti nella catena di produzione degli aeromobili. Un problema quest’ultimo che rimane ancora irrisolto (ne sono prova le consegne sotto le attese di Boeing ed Airbus) e che rischia non solo di azzoppare il cammino verso gli obiettivi di sostenibilità ed efficienza energetica fissati dall’agenda NetZero Iata per il 2050, ma anche i profitti dei vettori.

Secondo il rapporto ‘Reviving the Commercial Aircraft Supply Chain’ pubblicato dall’International Air Transport Association in collaborazione con la società di consulenza Oliver Wyman, il lento ritmo della supply chain solo nel 2025 costerà complessivamente al settore aereo oltre 11 miliardi di dollari.

Quattro, in particolare, i fattori che porteranno le compagnie aeree a spendere di più. Il primo è il costo del carburante, stimato per l’anno corrente in circa 4,2 miliardi di dollari. Costretti a usare velivoli più datati, per ovviare ai ritardi delle nuove consegne, i vettori sono sempre meno efficienti dal punto di vista delle prestazioni e dei consumi, perciò devono acquistare maggiori quantità di carburante.

Manutenzione più frequente

Con aerei più vecchi aumentano anche gli interventi di manutenzione, con relativi costi aggiuntivi stimati in 3,1 miliardi di dollari. Durante le riparazioni, inoltre, gli aeromobili possono restare a terra per diverse settimane o mesi, un’eventualità che può richiedere alle compagnie l’estensione dei contratti di leasing dei motori, con ulteriori spese per 2,6 miliardi di dollari (secondo il rapporto Iata, solo dal 2019 i costi di leasing degli aeromobili sono aumentati del 20/30%).

Ulteriori costi riguardano, infine, lo stoccaggio delle eccedenze di inventario. Per affrontare imprevedibili interruzioni della catena di approvvigionamento i vettori stanno accumulando sempre più pezzi di ricambio, aumentando di conseguenza le spese di inventario, per 1,4 miliardi di dollari.

A fronte di queste problematiche il comparto deve agire in modo strutturato, per non minare la sua crescita. “Non esiste una soluzione semplice per risolvere questo problema, ma ci sono diverse azioni che potrebbero fornire un po’ di sollievo - afferma il direttore generale Iata, Willie Walsh -. Per iniziare, l’apertura del mercato dei ricambi aiuterebbe le compagnie aeree offrendo loro maggiore scelta e accesso a ricambi e servizi. Parallelamente, una maggiore trasparenza sullo stato della supply chain fornirebbe ai vettori i dati necessari per pianificare le interruzioni, aiutando al contempo i produttori ad alleviare i colli di bottiglia sottostanti”.

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